La vita di una giovane donna degli anni '20: brevi racconti in diretta dalla laguna
sabato 12 giugno 2010
12. La confessione
Questo pomeriggio, nell’ora del silenzio, aleggia una strana atmosfera fra noi sorelle. Una certa indolenza ci ha afflosciate sui gradini davanti casa. Io me ne sto semisdraiata con la testa appoggiata al portoncino e le braccia rigide a sostenermi la schiena tormentata dal bordo del gradino di mezzo. Tengo gli occhi chiusi e combatto l’ansia contando de lucine rosse che vedo nelle palpebre quando il sole è troppo forte. Dalia è stesa con la testa sulle mie gambe e Franca, a catena, sonnecchia abbandonata su di lei ma, con un piede piantato a terra, sembra sorreggere questa insolita scultura umana. Non ce la faccio più, devo fare qualcosa. Mi alzo di scatto sbilanciando Dalia che riesce a non cadere puntandosi con i gomiti: “Ma che ti prende!”. Franca si accartoccia e apre gli occhi accecata dal sole. Mi guarda stordita riparandosi con la mano. Io giro su me stessa e comincio a correre. “Ma che fai! Dove vai!” Urla Dalia sottovoce. Io rallento e rispondo: “E’ troppo caldo, vado in chiesa che lì è fresco!”. Franca d’istinto comincia a seguirmi. E Dalia: “Ma non puoi! Devi avvertire mamma!”. Io affretto la mia corsa e voltando l’angolo vedo Franca che, sconfitta, torna indietro. Ora cammino spedita. Mi sento la testa così piena che non riesco a pensare. Prendo la strada del cimitero e poco a poco rallento. Il cuore si fa più silenzioso, il respiro più calmo. Davanti alla chiesa penso: “Mi devo confessare, è l’unica cosa!”. Entro. Non c’è nessuno. Gesù mi guarda dalla croce ma non sembra poi così arrabbiato. Mi avvicino al confessionale più piano che posso ma muoversi in una chiesa vuota è come “andar di notte”, qualcuno ti sente comunque. Mi guardo intorno, scivolo all’interno di quel rifugio di legno intarsiato e subito mi inginocchio. Pochi istanti dopo sento i passi di Don Pietro che si avvicina: “Dimmi figlia, liberati dai peccati”. Io mi trovo impreparata. Non dico nulla. Mi schianto le mani in faccia e non voglio più essere lì. Trattengo il fiato. Con un occhio spio il cristo in croce da una fessura ed ancora non mi sembra arrabbiato, anzi mi guarda con tenerezza… così fuggo via lasciando oscillare sguaiatamente i battenti del confessionale. Dio sa già tutto e mi vuol bene lo stesso.
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ah,ah che bella scena!e un esempio da seguire perchè non c'è bisogno d nessun intermediario per parlare con Dio o col profondo del nostro cuore.D.
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